Utilizzabili le prove raccolte attraverso il cosiddetto pedinamento elettronico, senza adottare le misure tecniche per assicurare la conservazione dei dati originali e impedirne l’alterazione. La Corte di cassazione, con la sentenza 5550, respinge il ricorso dei componenti di una squadra volanti condannata per interruzione di servizio, truffa e falso per aver lasciato sguarnita la zona a loro assegnata con i motivi più vari: dal ritorno in questura alla “pennichella”.
Ad inchiodare i ricorrenti alle loro responsabilità erano state le intercettazioni disposte all’interno delle auto e il Gps. Tutti avevano fatto ricorso contro la condanna sostenendo l’illecita utilizzazione delle prove acquisite in modo non corretto. Secondo i ricorrenti, il pedinamento elettronico doveva essere soggetto alle norme dettate dal codice di rito per le ispezioni e le perquisizioni (articoli 244 e 247) che, nel caso di acquisizione di materiale informatico, impongono la conservazione dei dati. Un’altra norma da rispettare invocata era l’articolo 360 sugli accertamenti tecnici non ripetibili.
Per la Cassazione però il pedinamento satellitare non ha nulla a che fare con gli istituti citati e rientra nell’ordinaria attività di polizia giudiziaria. I suoi risultati sono supportati dalle dichiarazioni di chi ha effettuato o coordinato i pedinamenti. Si pone dunque solo un problema di attendibilità e non di utilizzabilità, che nel caso specifico non c’era stato.