Con la nuova pratica telematica, per il lavoratore è facile sbagliare il calcolo del periodo finale di permanenza in azienda. Dimissioni, preavviso da quantificare.

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A pochi giorni dall’avvio della nuova procedura telematica, divenuta obbligatoria il 12 marzo, la comunicazione delle dimissioni e della risoluzione consensuale genera errori e incertezze.

Era purtroppo prevedibile che questo sistema così formale avrebbe comportato difficoltà, in quanto in una fase delicata del rapporto di lavoro, come quella della cessazione, il lavoratore sebbene dimissionario è solito cercare aiuto e supporto nell’azienda, soprattutto al fine di individuare la corretta decorrenza della cessazione e cioè la fine del periodo di preavviso.

È infatti proprio il preavviso l’elemento che genera una delle principali difficoltà, considerato che si tratta di un istituto di per sé non facile da gestire, sia perché i Ccnl fissano discipline differenziate, sia perché è spesso influenzato da accordi assunti con l’azienda per non lavorarlo, o lavorarlo in parte.

È già successo che il dipendente, accedendo autonomamente alla nuova procedura senza conoscere la specifica disciplina contrattuale che fa decorrere il preavviso dalla metà del mese o dall’inizio di quello successivo, abbia individuato una data di decorrenza delle dimissioni diversa da quella effettivamente voluta, e che quindi abbia dovuto azzerare il tutto con una comunicazione di revoca, a cui seguirà una nuova comunicazione di dimissione.

Può accadere inoltre che l’azienda, una volta ricevuta via mail la comunicazione formale nella quale il dipendente ha indicato una data di decorrenza delle dimissioni comprensiva del preavviso contrattualmente previsto, decida di esonerare, in tutto o in parte il lavoratore dal preavviso, salvo l’obbligo di corrispondergli la relativa indennità sostitutiva. In tutti questi casi, pertanto, la data effettiva di cessazione del rapporto di lavoro, cioè quella da cui decorre il termine di 5 giorni per effettuare la comunicazione obbligatoria al centro per l’impiego, non coinciderà con la data di decorrenza delle dimissioni quale comunicata telematicamente dal lavoratore.

Queste problematiche discendono dal fatto che la procedura telematica non ha una semplice funzione di convalida delle dimissioni eventualmente già presentate in modo informale, così come avveniva secondo la precedente disciplina prevista dalla legge Fornero, ma rappresenta la nuova e unica modalità con cui le dimissioni e la risoluzione consensuale devono essere formalmente comunicate al datore di lavoro.

Questo è quanto si evince dal testo della norma di legge nonché dalla successiva circolare ministeriale del 4 marzo, ma anche dalla risposta fornita a un quesito inviato al ministero tramite la casella di posta elettronica dedicata al nuovo adempimento (dimissionivolontarie@lavoro.gov.it).

Solo che la procedura creata non sembra perfettamente in linea con i principi espressi nella legge delega 183/2014, secondo cui, «in un’ottica di semplificazione» sarebbe dovuta essere garantita la certezza della cessazione, anche attraverso comportamenti concludenti. La nuova disciplina invece non sembra aver preso in considerazione il caso in cui il dipendente, sebbene nei fatti dimissionario, abbia omesso di seguire la procedura informatica (caso espressamente contemplato nella previgente regolamentazione della Fornero).

Per evitare tutte queste incertezze su un elemento importante come la data effettiva di chiusura del rapporto di lavoro, sarebbe utile un chiarimento ministeriale dedicato alla gestione del preavviso (attraverso un’esemplificazione delle diverse casistiche che potrebbero presentarsi), nonché alle conseguenze in caso di omessa effettuazione della procedura da parte del dimissionario.


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