In tema di revocatoria fallimentare, la retrodatazione del periodo sospetto al momento di apertura della procedura di concordato preventivo può ritenersi collegata al concetto di consecuzione delle procedure concorsuali. Un concetto ribadito dal Tribunale di Monza nel giudizio di opposizione allo stato passivo promosso da una banca per un credito privilegiato.
Il problema attiene alla retrodatazione degli effetti dell’azione revocatoria nei confronti dell’ipoteca iscritta il 5 agosto 2011, con ammissione al concordato per la società debitrice l’8 maggio 2012, dichiarata fallita il 23 ottobre successivo (sul tema dell’intangibilità dei pagamenti legittimamente eseguiti, si veda l’articolo a sinistra).
La questione nel caso di consecuzione di procedure concorsuali è quella collegata al possibile decorso del periodo sospetto ai fini dell’esperimento dell’azione revocatoria fallimentare dalla data di ammissione alla prima delle procedure concorsuali susseguitesi prima del fallimento. La decisione del Tribunale (decreto del 17 luglio 2014, presidente Paluchowski, relatore Nardecchia) ha sostenuto che il periodo di operatività dell’azione revocatoria (cosiddetto periodo sospetto) sia – nel caso in esame – collegata al concetto, oggi espressamente disciplinato dal legislatore, di consecuzione di procedure, che rappresentano più fasi di un procedimento unitario.
La prospettata riduzione a un unico strumento nella fase iniziale delle varie procedure esistenti, con la creazione di un unico «procedimento di accertamento giudiziale della crisi e dell’insolvenza» è principio generale della legge delega per la riforma delle procedure concorsuali. Le linee tracciate nel disegno di legge individuano, dunque, un’unica sede procedimentale, globalmente destinata all’esame delle situazioni di crisi o insolvenza.
La giurisprudenza negli ultimi anni si è evoluta in tal senso, anticipando la volontà di prevedere il necessario coordinamento tra le procedure. A tal fine, la sentenza di fallimento può contenere un accertamento, con valenza di giudicato nel successivo giudizio revocatorio, del fatto che il debitore si trovasse in stato di insolvenza al momento della pronuncia del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo.
In assenza di tale accertamento, qualora al concordato preventivo segua il fallimento, è possibile legittimamente presumere che il debitore si trovasse ab origine in stato di insolvenza; stato comprovato ex post dalla sopravvivenza del fallimento. Pertanto, qualora al concordato preventivo faccia seguito il fallimento, si può legittimamente presumere che il debitore si trovasse ab origine in stato di insolvenza, facendo conseguire la possibilità di retroagire il momento iniziale per il computo del periodo sospetto, ai fini dell’esperibilità di azione revocatoria, alla data di ammissione alla procedura di concordato preventivo.
Nel decisum in esame, la banca aveva chiesto ed ottenuto l’assenso all’iscrizione di ipoteca volontaria per l’intero credito e la debitrice, su accordo delle parti, si era impegnata a restituire il decreto ingiuntivo.
L’istituto di credito, preso atto del mancato pagamento di alcune rate, aveva azionato l’accordo richiedendo un decreto ingiuntivo per l’intero importo e non per la differenza scoperta dal precedente titolo esecutivo. Pertanto, il Tribunale ha rigettato l’opposizione, ritenendo che l’ipoteca rilasciata in esecuzione della predetta scrittura garantisse crediti non ancora scaduti, con conseguente applicabilità della revocatoria.
Si comprendono così alcuni dei motivi che hanno indotto il ministro della Giustizia a istituire la Commissione Rordorf, il cui scopo è stato quello di tentare di trovare, attraverso lo strumento della legge delega, un momento di organicità. E di tracciare alcune linee sistematiche di una normativa concorsuale, troppe volte emendata nel tempo e proveniente da istanze diverse.