Tra coniugi separati. La spesa sulla casa in «comune» non è condominiale

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Le spese straordinarie per il godimento e la conservazione dei beni condominiali non vanno confuse con le spese straordinarie sostenute per conservare e mantenere un bene in comproprietà o in comunione.

Tale principio è stato applicato di recente dalla Corte di Cassazione (sentenza n. 2195 del 2016) che ha respinto il ricorso di un comproprietario di un immobile condannato, in secondo grado, dal tribunale, a rimborsare, in favore della ex moglie, la sua quota parte delle spese straordinarie sostenute, da quest’ultima, per la sistemazione del giardino e la sostituzione della basculante del box dell’appartamento assegnato, alla ex coniuge, in sede di separazione consensuale.

Il marito sosteneva che tali spese non gli competevano perché le condizioni di separazione prevedevano, a carico del ricorrente, il pagamento, pro quota, delle sole spese condominiali straordinarie, degli oneri fiscali nonché dei tributi e delle tasse che gravano su detto immobile.

Le spese richieste, inoltre, non solo non rientravano in tali categorie ma non possedevano le condizioni di cui all’articolo 1110 Codice civile, ossia la trascuranza sui lavori da eseguire, (posto che non era stato tempestivamente avvisato della necessità degli stessi), né la natura conservativa della spesa, trattandosi, bensì, a suo dire, di migliorie.

I supremi giudici nel respingere il ricorso hanno ritenuto che il giudice di merito aveva correttamente applicato il principio contenuto nell’art. 1110 Codice civile partendo però da un preliminare chiarimento che un conto sono le spese condominiali ossia quelle imputabili all’appartamento per l’uso e il mantenimento delle parti comuni in quanto facente parte del condominio e un conto sono le spese imputabili alla proprietà del bene per la sua conservazione.

L’accordo di separazione disciplinava soltanto le prime.

Le spese richieste al marito, invece, attenevano alla conservazione dell’immobile in comproprietà, disciplinate dalle norme sulla comunione e, nella fattispecie ,l’articolo 1110 citato che prevede l’obbligo di tutti i comunisti di contribuire alle spese relative al bene comune, il diritto al rimborso pro quota delle spese necessarie per consentire l’utilizzazione del ben comune a colui che le ha anticipate per gli altri e delle spese per la conservazione, sostenute affinché la cosa comune mantenga la sua capacità di fornire utilità secondo la peculiare destinazione impressale e si eviti il deterioramento del bene (Cassazione, sentenza 12568/2002); nella fattispecie la natura necessaria delle spese era stata accertata in quanto la sostituzione della serranda del box si era rotta a seguito di un furto e il taglio degli alberi era giustificato dal fatto che stavano rovinando le autovetture sotto parcheggiate.

In definitiva, quindi, le spese condominiali straordinarie sono altro rispetto a quelle di conservazione previste dall’articolo 1110 citato cui il ricorrente è tenuto a corrispondere la propria quota in virtù del suo status di comproprietario dell’immobile.


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