Trasferimenti. Necessaria l’istruttoria. La fiduciaria-trust non basta a schermare i beni dell’indagato.

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Il trasferimento dei beni a una società fiduciaria non basta, da solo, a neutralizzare gli effetti di un sequestro preventivo a fini di confisca. Il giudice deve invece verificare con attenzione eventuali cointeressenze del “guardiano”, il contenuto del negozio giuridico (a cominciare dalla natura onerosa o gratuita), gli effettivi poteri del trustee e, in definitiva, tutti gli eventuali vizi originari del trust tali da vanificare la segregazione patrimoniale che è propria dell’istituto.

La Terza penale (sentenza 9229/16, depositata ieri) torna ancora una volta sul tema del trust per richiamare i presupposti necessari a sterilizzare i poteri del giudice adottati nell’interesse dei creditori, in questo caso dell’erario.

La questione riguarda l’indagine preliminare su un’associazione a delinquere finalizzata, tra l’altro, all’evasione fiscale. Il Gip di Cremona, a fine 2014, aveva messo i sigilli su 10 milioni di euro di beni facenti parte di un trust che, a suo giudizio, era stato creato con il solo scopo di eludere la pretesa fiscale, ma solo due mesi dopo il Riesame aveva annullato il provvedimento. Secondo il tribunale lombardo il conferimento nel trust – peraltro operato dal principale indagato, raggiunto anche da misura cautelare personale – aveva trasformato la natura del patrimonio di cui il gestore era divenuto semplice “guardiano”: mancando la disponibilità (articolo 321 c.p.p.), argomentava il collegio, non era più applicabile il sequestro finalizzato a futura confisca per equivalente.

Tuttavia la Terza penale ha bocciato la lettura del Riesame, bollandola in sostanza di superficialità. Il conferimento in trust di per sé potrebbe determinare una realtà apparente, scrive la Corte, considerata la totale mancanza di un’istruttoria per verificare i poteri residui in capo al disponente “guardiano”, trascurando tra l’altro la circostanza che lo spostamento (apparente?) dei poteri del trustee dall’indagato alla fiduciaria era avvenuto in pieno svolgimento dell’inchiesta penale, e omettendo ancora qualsiasi valutazione sul fatto che beneficiari del trust – e destinatarie dei redditi lì prodotti – sono le figlie dello stesso indagato. “Vincoli di solidarietà familiare – scrive la Terza – che potrebbero essere indice della natura essenzialmente simulatoria del negozio stesso”.


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